Se non ti scrivo è perchè sono fuori
a coltivare pochi incerti fiori
di cui ti mando qui ora solo il nome
un po’ tradito dalla traduzione.
L’altro motivo poi per cui non scrivo
è che ho talmente dentro una Berlino
che a riparlarne adesso ne ho timore.
come troncare troppo presto un fiore.
Ma vorrei fartene degli altri doni
non solo fiori non solo canzoni
qualcosa che mi faccia ricordare
come una cartolina scritta per Natale.
Ma è già lontano il tempo dei sospiri
dei treni che attraversano confini
come in un film visto a rallentatore
dove l’attrice fugge con l’attore.
Certo le fughe qui sono ben altre
e di torrette ce ne sono tante
però non è che un muro sia crudele
è che la vita mostra quanto deve.
Non è che poi nel mondo occidentale
ci sia poi tanto in fondo da scherzare
visi stravolti ne ho visto davvero
e senza neanche visitare un cimitero.
Tra cieli freddi ed un parlare oscuro
ho attraversato per due volte un muro
con te vicina quasi per dispetto
che ti stringevi il bavero sul petto.
Faceva freddo ma quel freddo strano
che non ti fa tenere per la mano
che spazza gli uomini dai crocevia
che ti separa dalla tua agonia.
Stretta in comuni pratiche e crudeli
stretta la vita fra questi due cieli
stretta anche tu tra un uomo dentro al letto
e l’altro uomo intruso nella stanza accanto.
Forse per questo adesso non ti scrivo
e guardo la piantina di Berlino
coi nomi incisi nella mia memoria
come le tombe che non fanno storia.
Le mani alzate fra due strette file
di spie in borghese aquile e divise
ai funerali di quei quattro suicidi
di cui nel cuore abbiamo ancora i gridi.
E che sarebbe bene ricordare
con qualche fiore sulle loro bare
forse per questo adesso li coltivo
ma anche per ricordarmi che io ancora vivo.
Maurizio Chiararia
Roma, 1978